L’epoca di maggior splendore del fortepiano è stata quella compresa fra la seconda metà del 1700 e i primi trent’anni del 1800, cioè
Oltre ad essere il tipico strumento della tradizione sarda, che da sempre accompagna feste popolari, riti religiosi, danze, è uno dei più antichi strumenti polifonici del bacino del Mediterraneo. Esso deriva dagli aerofoni policalami, cioè a più canne, delle antiche civiltà dell’Egitto e della Mesopotamia. Lo testimonia una statuetta nota come “aulete di Ittiri”, risalente al VI – VII sec. a.C., il cui ritrovamento è stato reso noto nel 1907 dall’archeologo Antonio Taramelli. Rappresenta una figura umana, nuda, in posizione seduta, in atto di suonare uno strumento a tre canne.
Di tre canne di diversa lunghezza è composta infatti la launeddas: due sono legate tra loro, pur tenute leggeremente distanziate, e una è libera. Si tratta di un aerofono ad ancia battente semplice idioglottide, ricavata cioè dal taglio della canna stessa. Il suonatore tiene fra le labbra e suona le tre canne contemporaneamente. La canna lunga, il tumbu, non presenta fori, produce perciò un unico suono e funge da bordone grave. La canna mediana, la mancosa, viene tenuta con la mano sinistra. E’ fornita di cinque fori ed è utilizzata per l’accompagnamento ritimico e armonico. La mano destra regge invece la canna più corta, la mancosedda, con la quale viene prodotta la melodia.
Osservando da vicino lo strumento, in prossimità di alcuni fori si possono notare dei piccoli quantitativi di cera d’api: posizionata in maggiore o minore misura a chiudere più o meno i fori, essa consente di accordare lo strumento.
Il suono della launeddas è caratterizzato da una continuità senza interruzioni, realizzata grazie alla cosiddetta “respirazione circolare”, tecnica con la quale l’esecutore, riempiendo le guance d’aria e utilizzandole perciò come serbatoio, riesce a insufflare aria nello strumento anche in fase di inspirazione.
L’epoca di maggior splendore del fortepiano è stata quella compresa fra la seconda metà del 1700 e i primi trent’anni del 1800, cioè
Oltre ad essere il tipico strumento della tradizione sarda, che da sempre accompagna feste popolari, riti religiosi, danze, è uno dei più antichi