Oltre ad essere il tipico strumento della tradizione sarda, che da sempre accompagna feste popolari, riti religiosi, danze, è uno dei più antichi
Nella ditta bolognese di Giovanni Racca (Monasterolo di Savigliano 1832 – Bologna 1902) si produce, a incominciare dal 1886, un modello di pianoforte meccanico, che viene brevettato con il nome di piano melodico. La novità non risiede nel fatto di aver applicato al pianoforte un mezzo tecnico che lo faccia suonare: già dal 1820 infatti esistono in commercio pianoforti con cilindri chiodati al loro interno, al posto della tastiera. L’idea curiosa è piuttosto di aver trovato il sistema di far suonare uno strumento quasi uguale al pianoforte utilizzando dei cartoni perforati, come quelli che Henry Jacquard aveva inventato pochi anni prima per i suoi telai tessili e che già avevano ispirato altre ricerche applicate a oggetti sonori. In confronto ai pianoforti a cilindro, in cui un pezzo era breve quanto un giro del supporto, il cartone ha il vantaggio di poter essere ripiegato più e più volte, aumentando di molto la durata del brano ascoltato.
Il successo del piano melodico è immediato, grazie tanto alla fattura elegante e raffinata dei mobili in cui il meccanismo viene inserito, quanto alla vastità del repertorio che viene subito prodotto: musica ballabile, trascrizioni di opere liriche, di operette e di sinfonie, musica sacra, repertorio pianistico.
La fabbrica ha smesso la sua attività intorno al 1920-25, quando l’invenzione e il conseguente rapido sviluppo del grammofono rende all’improvviso obsoleti gli altri strumenti di registrazione e riproduzione del suono.
Oltre ad essere il tipico strumento della tradizione sarda, che da sempre accompagna feste popolari, riti religiosi, danze, è uno dei più antichi
L’epoca di maggior splendore del fortepiano è stata quella compresa fra la seconda metà del 1700 e i primi trent’anni del 1800, cioè