L’origine del fagotto è da ricercare in alcuni aerofoni rinascimentali di registro grave. Uno di questi era la bombarda, che veniva utilizzata soprattutto
Derivato dallo san-hsien cinese, lo shamisen approda in Giappone tra il XV e il XVI secolo, migrando attraverso le isole Ryukyu per divenire strumento dagli usi multiformi, dalla musica popolare ai piccoli complessi strumentali della musica sankyoku (composti, oltre che dallo shamisen, anche dal koto e dallo shakuachi, il tipico flauto giapponese), dall’accompagnamento al canto, al teatro. Si tratta in entrambi i casi di liuti a manico lungo, armati di tre sole corde, originariamente in seta, ma oggi anche in nylon. Nel passaggio dalla Cina al Giappone esso muta alcuni suoi aspetti, come si può notare nella sala del museo dedicata agli strumenti extraeuropei, dove sono presenti entrambi: la cassa, da piccola e tondeggiante, si fa più grande e squadrata e la pelle di pitone, di cui essa era ricoperta nello san-hsien cinese, viene sostituita da quella, più resistente, di cane o, meglio ancora, di gatto.
L’accordatura dello strumento viene stabilita di volta in volta in relazione all’estensione vocale del cantante a cui si accompagna. Le corde vengono pizzicate con un grande plettro, visibile nella vetrina, che viene battuto con forza sulla membrana della cassa armonica, producendo la tipica sonorità dello shamisen: un misto di delicatezza e di incisività che in alcuni generi musicali risulta quasi violenta.
L’origine del fagotto è da ricercare in alcuni aerofoni rinascimentali di registro grave. Uno di questi era la bombarda, che veniva utilizzata soprattutto
Dal punto di vista strettamente organologico sono “flauti” tutti quegli strumenti aerofoni nei quali il soffio dell’esecutore viene immesso nel canneggio, per far